Le recensioni

Leonida Repaci Armando Ginesi Enzo Le Pera
Marino Mercuri Gianfranco Labrosciano Francesca Mazzotti
Sharo Gambino Lorenzo Lazzarino Viviana Minasi
Lucio Barbera Remo F. M. Malice Giuseppe Morabito
Sergio Vacchi Gregorio Viglialoro Nuccia Micalizzi
Giorgio Di Genova Maurizio Vitiello Iole Zangari
Lara Caccia Flaminio G. Demoja  Ghislain Mayaud

Leonida Rèpaci
…La sua presa sulle cose supera il malinconico senso di esilio, di non addetto ai lavori, che esprime il calabrese di fronte alle occasioni della storia e della vita di ogni giorno. Egli ha capito che c’era una possibilità di superare il rapporto tra cosa e godimento di essa, facendolo diventare rapporto tra cosa e idea di essa. A questo punto, senza averne coscienza, Spanò ricorse al simbolismo, platonico, per dare alla sua pittura un aggancio espressivo che riportasse l’oggetto alla sua matrice………
(dal catalogo della personale alla Galleria “L’arco” di Macerata, 10- 24 luglio 1965)
Marino Mercuri
…. Non a caso abbiamo accennato per Spanò di dimensione infinita degli «atavismi» calabri. Se, come affermava infatti Gerhart Hauptamann «essere poeta significa far risuonare dietro le parole la parola primordiale», quale elemento dell’inconscio opera nel giovane artista per far risalire l’immagine e l’idea sviluppate e tradotte, nelle sue opere? Per trovare una risposta adeguata bisognerebbe forse addentrarsi nel mondo della psicologia, quel mondo così caro a Freud e Jung, capace di condurci nella sfera della «mitologia incosciente» dalla quale nascono quelle «immagini primordiali che sono proprietà comuni dell’umanità»…….
(da Enzo Spano’ , monografia in Panorama d’arte moderna-grafica, Foglio Editrice, Macerata1966.)
Sharo Gambino
….L’opera dell’arte moderna va non soltanto ammirata con gli occhi, ma anche ragionata – ogni composizione di queste che Spanò offre in visione alla sua Reggio, non è a se stante, ma è un momento della lunga e sofferta ispirazione, è propedeutica, prepara le altre; cosicché, allorquando c si viene a porre dinanzi all’ultima e la si considera attentamente, si trova che essa risulta essere l’estrema conseguenza, la sintesi, della prima. Ecco, la varietà di Spanò, in questa sua mostra reggina, consiste proprio in questo variare nell’uno, in questo suo lento ma sicuro procedere dal concreto verso l’astratto,  in questo viaggio pittorico dal mondo reale a quello platonico delle idee….
(dal catalogo della personale al Ridotto del Teatro Comunale di Reggio Calabria, 7 – 18marzo 1970)
Lucio Barbera
…….Ebbene, in questa apparentemente non logica disposizione figurale che è manifestazione di una sfrenata fantasia con cui l’artista cerca di smontare l’oggetto dell’esistenza per capirne i segreti del funzionamento o, ed è dir meglio del suo non funzionare (ad infiniti «guasti» alludono spesso le immagini) c’è certamente l’obbedienza a un preciso statuto formale che reclama alcuni adempimenti, sia sotto il profilo della impaginazione, che soprattutto per quanto concerne la dipendenza, appunto, dallo strumento linguistico adoperato…
(dal catalogo della personale alla Galleria “Morabito” di Reggio Calabria, 17-30 novembre1984 )
Sergio Vacchi
….(dal catalogo della personale alla galleria “Morabito” di Reggio Calabria, 17-30 novembre1984 )
Giorgio Di Genova
…Non si intenderebbe il suo dire geometrico, nè la sua concezione dello spazio e ancor meno tutti i moduli ricorrenti nei suoi lavori, che costituiscono il lessico del suo discorso pittorico. E come la sintassi (che è sempre la stessa) di ogni discorso individuale è connotata da espressioni formate con termini ricorrenti, collegati tra loro da elementi secondari, così nella sua pittura Spanò, in quanto architetto, si avvale d’una sintassi geometrica (la geometria, si sa, è fondamentale nell’architettura), sintassi formata (e stavo per scrivere costruita) da moduli ricorrenti, con contorni a bande pluricromatiche (quadrati, talora con una linguetta sul lato inferiore, cerchi, semicerchi, ovvero archi, spesso oculati, bande, che spesso assumono aspetto di segmenti cromatici, disegni di sottilissime linee in negativo, che, sempre geometricamente, creano spazi “altri” all’interno dei fondi monocromi, piramidi, forme esagonali), che vengono immersi in fondi uniformi in una varietà di soluzioni, che vanno dal singolo modulo alla sua duplicazione, dalla sovrapposizione in corpore di moduli simili o geometricamente contrari e da un’infinità di altre variazioni sul tema. A ben guardare, tuttavia, si noterà che, mutatis mutandis,ciascuna variazione si basa su un minimo comune denominatore spaziale e compositivo…
(da Enzo Spanò , La quadratura della pittura, 2010)
Lara Caccia
… con l’espressione delle forme “semplici” del linguaggio razionale e pensante dell’uomo. Laddove l’equilibrio apparente della composizione geometrica viene interrotto sempre da un elemento, da una linea estranea, o da un colore più acceso. Una rivisitazione del mondo, come nel ritratto dell’uomo qui esposto, anche attraverso l’uso del colore a campitura, dove nessuna sbavatura o velatura viene a turbare la composizione. Atteggiamento netto e rigoroso che tende a ridare ordine nel marasma delle espressioni artistiche e allo stesso tempo a dare una chiara e leggibile comprensione della realtà che ci circonda….
(dal catalogo del Premio Internazionale Limen Arte – 2011 Vibo Valenzia)
Armando Ginesi
… E Vincenzo Spanò, questo architetto della forma? Lo schema sul quale egli imposta il suo “pensiero visivo” (per dirla con parole di Giulio Carlo Argan è di sapore logico-matematico. Tutto è calcolato, regolato, millimetrato e le sue superfici sono schermi dentro i quali si muovono, non a caso bensì seguendo norme precise, emozioni, vibrazioni, palpiti ai quali presta voce soprattutto la cromia dai toni decisi. Anche i titoli aiutano a capire come. nell’artista in questione, il piacere che scaturisce dal rispetto della regola e del calcolo, non venga alterato dal gusto dell’invenzione fantastica, anzi vediamone alcuni: “In due fasi”, dove i momenti morfologicamente rappresentati sono sì speculati, collocati in spazi diversi però, come a volersi concedere una trasgressione non esplicitata e per questo, forse, più eccitante; “Riflesso aperto 1” e “Riflesso aperto 2”: di nuovo il discorso sulla specularità apparente si ripropone e, con essa, il desiderio della “diagonalità” (tanto odiata da Mondrian perché rivelatrice della passionalità e che lo indusse a rompere, nel “De Stijl”, il sodalizio con Theo Van Doesburg, colpevole di prediligerla) la quale, in qualche modo, squilibra lo schema spaziale per sottolineare una simmetria di altra foggia; “Sospeso su un braccio orizzontale” palesa un punto di bilico, ma esso è così delicato da apparire aleatorio e orienta la percezione di chi guarda, in direzione di uno stimolo emotivo che deriva dall’attesa di un evento prevedibile ma non certo; “Quadrati dell’infinito” introduce un termine e un concetto l’infinito, appunto – che appartengono tanto alla matematica quanto alla filosofia e, soprattutto alla teologia: un termine e un concetto che indicano la dimensione a cui l’uomo, attraverso la sua anima, tende ad una visione teleologica dell’esistenza ….
(dal catalogo alla galleria “Il Triangolo” di Cosenza, 8-22 ottobre 2011)
Maurizio Vitiello
……Enzo Spanò è un artista che produce misure conversioni di sincerità segnico-geometrica.
Molti operatori sfidano la dimensione astratto-geometrica e le singolari immagini, corrette e discrete, di Enzo Spanò riescono a emergere col loro disegno compositivo.
Le sue elaborazioni geometriche declinano inquadrature di principi sottolineati da Kandinskij nel suo maggior saggio “Lo spirituale nell’arte”.
Insomma, il suo disegno essenziale, chiaro e netto riesce a contrappuntare un’esistenziale vitalità, ventilata da una modulazione dinamica, che esplora scarti di materia e dialoga con l’infinito.
Sintesi e umori grafici distinguono motivi geometrici colorati, che si accostano a segmentazioni segniche.
Concilianti concentrazioni liriche dialogano con un astrattismo geometrico stuzzicante; insomma, il mondo astratto-geometrico di Enzo Spanò registra elegie di memorie e tende ad attestare vocazioni geometriche e riferimenti mitopoietici con cadenze e ritmi. L’assemblaggio di elaborazioni costruttiviste a sé stanti, ma in parte, non sposa l’illustrazione secca, né intende annichilirsi su dettagli e dettagli, ma afferra uno sviluppo coerente, in linea con le direttrici estetiche che furono alla base del pensiero ontologico di Kandinskji.
Sequenze classificano una ritualità e suggeriscono “prove di geometrie”. Eleganti segni indicano un territorio di riferimenti e di miraggi prospettici.
I curati reticoli disegnativi dell’artista rendono specificità di un mondo geometrico, vasto e inusitato.
Da chiarezze cosmiche a epifanie geometriche si rincorrono motivi spaziali e le certezze della realtà matematico-fisica sembrano valutare varie e variegate classificazioni.
Il tratto compositivo investe e regge nella semplicità di orditi e trame, di cerchi e angoli sintetici diversi pungoli ottici e qualificati richiami cromatici………
(di Maurizio Vitiello – Un asterisco per Enzo Spanò. ” PositanoNews” – 07 dicembre 2011)
Gianfranco Labrosciano
……Sotto questi profili   forme sintetiche, c’è sempre l’Uomo con la sua necessità di esserci. Solo, viene in risalto una sua immagine, più scarnificata ed essenziale, scevra da ogni ridondanza, barocchismo o dir si voglia, ed è proprio per questo, paradossalmente e contraddicendo alle regole della realtà, che ogni profilo diventa più concreto di quanto appaia, più intimamente vero di come si palesi, in omaggio, del resto, all’arte propriamente astratta il cui fini è di ricercare non la realtà, ma (la verità che in essa si nasconde. Insomma, una realtà costruita su un piano inclinato, geometrico, di una matematica esattezza per esprimere una labile inconsistenza dell’esistere e descrivere un profilo possibile, lirico dell’uomo. Questo, mi pare, il sunto dell’opera di Vincenzo Spanò. Ma ritornando all’oggetto rappresentato, c’è da dire che su quei profili caratterizzati da un vuoto che si presenta, per così dire, anche come assenza, come dicevo poc’anzi, l’artista applica degli elementi che lo riempiono, che colmano il vuoto, in un certo senso, e che hanno la funzione di accelerare la percezione del riguardante in funzione tattile, prospettica e tridimensionale. Sono tessere lignee, sempre di geometriche fattezze, realizzate anche queste per scarti minimali del segno, che bilanciano e portano a compimento quel processo consequenziale dell’artista ottenuto dall’ incedere performativo del gesto, il cui spostamento conferisce significato all’opera perché orientato pur sempre nel senso e nella definizione del profilo descritto…..
(Trimestrale d’Arte  “Artantis” –  gennaio-febbraio-marzo 2013)
Lorenzo Lazzarino
….I prodromi di questa metodica sono da rinvenire in Piet Mondrian (1872-1944), Josef Albers (1888-1976), negli artisti tedeschi della scuola di Bauhaus (1919-1924) e nel milanese Luigi Veronesi (1908-1998), ma le loro tecniche risultano di non semplice fruizione da parte dell’osservatore non esperto in materia.
Nei profili del nostro pittore è più agevole cogliere il concetto, capire i puri significati del segno e del colore, l’essenza delle cose. Queste opere rendono magnificamente l’immagine di un volto visto di profilo. La composizione è effettuata su una base di colore puro su cui viene realizzato il profilo con diversi strati di cartone dipinto. Il materiale povero usato simboleggia la vacuità e la precarietà della vita dell’uomo moderno. La rappresentazione del quadrilatero dalla cui base si dipartono delle sottili linee, secondo un preciso rapporto matematico, indica l’immutabilità della vita, così anche le linee che legano il dipinto a quello di un’altra figura, a volte sottostante, suggeriscono il senso dell’ineluttabile. Segni e tratteggi nel contesto compositivo alludono sempre alla “verità” dell’autore. Un rilievo ottenuto dalla sovrapposizione del cartonato bianco su una base colorata, creando così un gioco d’ombre, rinvia a qualcosa di misterioso. Le opere evidenziano uno stretto legame tra scultura tridimensionale e pittura bidimensionale com’è nell’arte barocca e secondo il modello di rappresentazione proprio del Rinascimento…..
(Rivista trimestrale di cultura e turismo “Calabria Sconosciuta” – n.139/140 – luglio-dicembre 2013)
Remo F. M. Malice
………Tramite costruzioni geometriche realizzate con coscienza, non con calcolo, guidate da un’alta intuizione e condotte all’armonia e al ritmo, si ha, infatti, l’impressone che dal silenzio delle cose affiori, in un frangente effimero, la voce arcana dell’esistenza. Per fare questo l’artista si affida agli strumenti più tradizionali della pittura e del disegno architettonico, suo primo vero amore, allontanandosi, tuttavia, dalle consuete posizioni accademiche, poiché egli trasmette messaggi totalmente originali la cui carica di suggestione è immediata ed evidente. La sua pittura non può certo definirsi figurativa, ma non può neanche essere etichettata come semplice rappresentazione geometrica. Si nota un certo simbolismo, accompagnato da uno stile profondamente personale e — lasciatemelo dire — estremamente innovativo per la sua semplicità, in cui la sensibilità dell’artista — e la ricerca di essenzialità e di equilibrio — portano avanti un’operazione di seduzione che suscita continui interrogativi e che, con seduzione, cattura lo sguardo dell’osservatore. ……..
(Dal catalogo della personale alla Casa della Cultura “Leonida Repaci” di Palmi, (RC), 12-27 dicembre 2013)
Gegorio Viglialoro
……Posto il materico codice di taglio minimale, lo rende elemento di base per un dialogo Opera-Fruitore in divenire. Uno input concettuale per la cui altrui completezza percettiva necessita e richiede un’acconcia lettura.
Ed è qui che emerge la perizia compositiva del dire non dire, dell’apparente inesplicato che invece è pregnante e che Spanò rimarca sul filo di una provocatoria ambiguità.
E’ come se l’Artista diventi Fruitore e di fronte alla singola opera, in una forma surrogatoria, si ponga i suoi ragionevoli perché del tipico costrutto pittorico, cosa vuole esprimere l’opera, quali le ragioni che la motivano, quale il suo punto attivo, ecc. In una parola, si sostituisce al Lettore per verificare la coerenza tra idea espressa e codici dati.
Nello specifico, la creazione artistica che ne consegue ha quindi in sé all’un tempo il concetto appunto sia di pieno (ciò che l’Artista ha dipinto), sia di vuoto (la superficie libera visivamente) ma pieno per il valore criptato assegnato.
La parte dipinta costituisce appunto il codice per il riconoscimento dell’elemento celato e con esso della comprensione del dell’opera. In sostanza, un biunivoco rapporto dialogante.
L’idea artistica, è vero, prende corpo nella soggettiva ispirazione (processo mentale dell’Artista) ma è lo spazio pittorico vuoto (la tela-strumento ricettivo) che accoglie l’azione creativa concretizzata in una figurazione destinata all’altrui percezione, tattilo-visiva e/o concettuale.
Un percorso ragionato sostanziato in un profilo idea-azione-opera-lettura…….
(Cosenza , 2013)
Ghislain Mayaud
… di un’utopia lirica dotata di incastri formali mai paradossali, Spanò semina sottili strati tinti simili a nastri parlanti. Interprete per eccellenza delle raggiunte forme basilari, il labirinto sfida l’evento compositivo slegando gli eccessi plastici e teorici. Per raggiungere la perfezione incarnata da invisibili dimore, il superfluo è implacabilmente cancellato. Una soggettività ampiamente meditata nel silenzio pervade. Permane sul campo d’azione la monacale disciplina analitica dotata di un notevole rigore…